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Introduzione
Nel corso degli ultimi anni sono sempre più i monitor che vengono progettati per coprire al meglio lo spazio colore Display P3, che alcuni già corrono a definire come “il nuovo standard”.
Poichè “standard” non sempre si traduce con “ciò che è tecnicamente e universalmente meglio” e dopo aver visto e letto un po’ di confusione sull’applicazione di questo spazio colore nel mondo della stampa fotografica, eccomi qui con un nuovo lungo e noioso articolo!
Premessa
Come sempre farò un sacco di semplificazioni per rendere la lettura almeno più gradevole di un libro in latino, ma comunque per poter apprezzare al meglio le varie considerazioni è richiesta una conoscenza base del mondo della gestione del colore. Se non sapete da dove partire, su YouTube potete trovare qualche mio video a riguardo, e per chi fosse interessato ovviamente come sempre c’è la possibilità di approfondire il tema con lezioni individuali QUI.
La prima e spero ovvia semplificazione è che con “stampa fotografica” intendiamo la stampa fotografica domestica fatta constampanti a pigmenti o dye, o quella fatta attraverso laboratori di stampa online.

Che cosa sono gli spazi colore P3?
Come ben sapete, gli spazi colore standard non si trovano in natura come come le mele, le albicocche o l’uranio, ma sono creati (o meglio dire, progettati) dall’uomo per rispondere a specifiche necessità.
Sappiamo già che sRGB è nato per creare uno standard adatto alle esigenze di visualizzazione tipiche degli ambienti casalinghi e di ufficio (degli anni 90..) mentre che il nostro amato Adobe RGB è stato progettato per comprendere molti dei colori ottenibili con le stampanti a colori CMYK, ma attraverso l’utilizzo dei colori primari RGB su una periferica quale il display di un computer.
Gli spazi P3 nascono da una esigenza ancora diversa. Detto molto semplicisticamente, intorno al 2002 l’industria cinematografica statunitense si è trovata di fronte al “problema” della comparsa nelle sale di proiezione di proiettori cinematografici digitali. Questi erano in grado di proiettare senza problemi immagini su un fondale, ma il problema era che non si riusciva ad ottenere un risultato consistente tra un proiettore e l’altro, e l’esperienza di visione per lo spettatore era completamente diversa rispetto alla pellicola proiettata.
Visto che a Hollywood il budget sembra non mancare mai, non è difficile immaginarsi che ad un certo punto, non troppo diversamente a quanto era stato fatto da Microsoft e HP nel lontano 1996 per sRGB, il consorzio Digital Cinema Initiatives si siede in torno a un tavolo per trovare una soluzione, e viene così successivamente progettato lo spazio colore DCI-P3 (DCI acronimo di..). Questo spazio è caratterizzato da un volume non troppo diverso da quello dell’Adobe RGB, ma un primario R monocromatico, un punto di bianco a 6300K e una gamma a 2.6. A uno stampatore accorto, questo dovrebbe già far storcere il naso, e infatti l’uso di DCI-P3 per la stampa non lo prendiamo nemmeno in considerazione.
Ma non finisce qui ovviamente. Poichè questo spazio è diventato lo standard cinematografico, ad un certo punto qualcuno si pose una nuova domanda che più o meno suonava così: “come facciamo a far si che questi bei film che vediamo in sala possano anche essere visti comodamente dal nostro laptop mentre siamo a letto con una esperienza di visione non troppo lontana da quella del cinema e tenendo conto della tecnologia dei computer del giorno d’oggi?”
Ecco così che grazie ad Apple in prima linea con Netflix, Youtube e altri fornitori di contenuti video si arriva alla nascita dello spazio colore Display P3, parente stretto del nostro DCI-P3 ma fondamentalmente caratterizzato da un punto di bianco diverso (D65) e dalla gamma 2.2. (che sono valori che non ci fanno più storcere il naso come prima)
Se guardiamo nell’immagine qui sotto il volume dello spazio colore sRGB (in rosso) e lo confrontiamo con quello Display P3 (arcobaleno), non è difficile immaginare perchè effettivamente il sogno collettivo è che il Display P3 possa rimpiazzare sRBG come standard per la visualizzazione online e perchè anche i produttori di monitor fotografici normalmente orientati solo all’Adobe RGB ora cerchino di coprire anche il Display P3.
Ma per la stampa valgono le stesse considerazioni?

Display P3 vs Adobe RGB
A questo punto è lecito chiedersi se Display P3 possa andare a rimpiazzare anche il nostro amato Adobe RGB, come leggo sempre più spesso online.
Per farlo, come sempre partiamo dal nostro diagramma di cromaticità CIE dove possiamo confrontare i nostri due spazi colore. Da una banale analisi bidimensionale vediamo anzitutto che i due spazi colore sembrano avere una copertura abbastanza simile: Display P3 copre infatti circa il 45% del digramma di cromaticità CIE e Adobe RGB circa il 52%.
Quello che invece salta all’occhio è il loro differente posizionamento sul diagramma (o detto un po’ meglio, il posizionamento dei tre primari sul diagramma): vediamo infatti che il primario verde di Adobe RGB è più vicino al primario ideale (e più bluastro, con una lunghezza d’onda di 534,7 nm), mentre Display P3 ha un primario rosso più vicino al primario ideale.
Se volessimo fare i nerd fino in fondo, da una analoga analisi tridimensionale vedremmo solo una conferma del tutto con qualche maggior sfumatura sulla luminanza. Vi lascio delle immagini da diversi angoli per un confronto (sperando si possa capire qualcosa visto che non è semplicissimo con delle immagini statiche)
A questo punto la domanda più ovvia potrebbe essere: qual è meglio?
Da bravi fotografi però non potrete esprimervi assolutisticamente se parliamo di visualizzazione a schermo: volumetricamente sono spazi abbastanza equivalenti, quindi “il numero totale di colori a disposizione” (virgolette perchè sto semplificando senza pietà) è all’incirca lo stesso. La vera differenza è che Adobe RGB mi mette a disposizione un po’ più di verdi e blu, quindi se fossi un fotografo di foreste o marino, mi avvantaggerà nella visualizzazione se il gamut del mio monitor copre quella porzione di spazio. Dall’altro canto, se fossi un fotografo di albe e tramonti sarei avvantaggiato dal Display P3 che mi mette a disposizione più colori in quella zona. Se sono ambo le cose (come tutti i paesaggisti sono ad esempio), non c’è un meglio assoluto.
Di fatto, l’unica speranza che possiamo avere per la visualizzazione a schermo è che finalmente arrivi un agente esterno a scalzare via sRGB come standard per la visualizzazione online (che ricordo essere uno spazio colore veramente misero e che ci tiriamo dietro da quasi 30 anni!), e sembra che Display P3 lo stia per fare, guidato certamente non dagli interessi per noi fotografi, ma dagli interessi commerciali del mondo video. Al momento in cui questo articolo viene scritto, restiamo però schiavi dell’sRGB ogni volta che vogliamo pubblicare una nostra immagine online.
E invece per la stampa?
Display P3 e la stampa fotografica
Qui il discorso cambia, e non di poco.
Per ora ci siamo aggrappati al Display P3 come salvatore della patria, che al prezzo di qualche verde e blu rispetto ad Adobe RGB ci promette un volume drasticamente più ampio (e quindi “più colori”) rispetto al solito sRGB. Ma questo di fatto è un effetto collaterale..un qualcosa che ci torna comodo, pur non essendo stato pensato per noi, che ci va bene per il limiti dell’sRGB.
Però ancora una volta ritorno su un punto fondamentale: gli spazi colore vengono progettati per rispondere ad uno scopo, e lo scopo di Display P3 abbiamo visto non essere la stampa, mentre per Adobe RGB si.
Per convincervi, credo possa bastare questa analisi bidimensionale:
Come vedete dall’immagine sopra, lo spazio colore Adobe RGB si trova in una posizione che va a sovrappone quasi interamente il gamut della carta (da leggersi “della combinazione carta/inchiostro”, ma che diremo solo “carta” per semplificare). Quella usata è una delle mille carte fotografiche esistenti (semplicemente perchè è quella che utilizzo di più), ma la stessa cosa succederebbe con qualunque altra carta: il gamut della carta potrebbe esser più piccolo o più esteso, ma lì si troverebbe. Ed è lì che sta Adobe RGB.
Ancora una volta: Adobe RGB non è stato progettato a caso, ma per comprendere molti dei colori ottenibili con le stampanti a colori CMYK (le stampanti fotografiche domestiche o quelle dei servizi online che usate) attraverso l’utilizzo dei colori primari RGB (cioè il modello colore che utilizza il monitor). In altre parole (e super mega semplificando), Adobe RGB è stato progettato sulla base di quello che la nostra stampante può stampare su un foglio di carta fotografica.
Mandare in stampa una immagine in Display P3 significa andare a sacrificare una notevole fetta di colori stampabili (verdi e blu) per avere più rossi, che però la nostra stampante non è in grado di stampare. Lo spazio colore Display P3 si trova altrove sul diagramma di cromaticità CIE, poichè è stato progettato per altro.
Un banale esempio pratico può essere dato dalla seguente immagine. Se andassimo a vedere la sua scomposizione sul diagramma di cromaticità vedremmo che ci sono dei blu molto intensi che però non risulterebbero un problema in quanto all’interno del gamut della carta e che potremmo gestire in Adobe RGB. Tuttavia se associassimo a questa immagine il profilo Display P3, andremmo a perderli poichè per Display P3 si troverebbero fuori gamut. Un sacrifico davvero inutile poichè a vantaggio di niente.
Credo sia chiaro tuttavia che quanto sopra dipenda dalla specifica immagine che stiamo usando, in quanto magari la sua scomposizione potrebbe ricadere in uno spazio del diagramma di cromaticità coperto sia da Display P3 che da Adobe RGB, quindi di fatto in tal caso non andremmo a perdere nulla. Allo stesso modo resta la certezza della non stampabilità di alcuni colori con la nostra stampante con Display P3, quindi a meno di fare ogni volta questa analisi analitica delle vostre immagini, non ha davvero senso rischiare di perdere colori usando Display P3 in stampa.
Conclusioni
Siamo forse vicini al giorno in cui sRGB verrà superato come standard di visualizzazione a favore di uno spazio molto più ricco, come Display P3. Seppur non progettato per noi fotografi, la fortuna vuole che abbia tutte quelle caratteristiche che lo rendano se non ideale, per lo meno un gigantesco passo avanti che accogliamo a braccia aperte.
Tuttavia per il mondo della stampa la situazione è diversa in quando abbiamo già uno spazio colore progettato appositamente allo scopo, che è Adobe RGB. Display P3 è molto simile in gamut volume e posizionamento, quindi già di per se non porterebbe migliorie ma solo nuovi compromessi legati appunto alla sua posizione (“più rossi in cambio di verdi e blu”). Nonostante questo, anche se fosse un profilo molto più ampio, Display P3 si scontra con la realtà dei fatti poichè non tiene conto delle caratteristiche e dei limiti fisici delle stampanti non essendo progettato per convertire terne RGB in CMYK, che è il modello colore con cui le nostre stampanti funzionano.
L’innovazione tecnologica non ha confini, quindi un giorno potremo forse disporre di nuove stampanti e nuove carte in grado di ottenere gamut ora inimmaginabili rendendo Adobe RGB inadeguato, ma se così fosse non credo sarà Display P3 la soluzione.
Per questo motivo, il mio invito è quello di continuare a lavorare in stampa sfruttando Adobe RGB, che è stato appositamente progettato allo scopo. D’altro canto, se foste prossimi a sostituire il vostro monitor (che sia esterno o di un laptop), cercherei di acquistare qualcosa già rivolto al probabile futuro della visualizzazione, e quindi con una copertura gamut Display P3 il più elevata possibile.